I Comuni devono inviare all’Agenzia delle Entrate i nomi degli italiani che hanno trasferito la residenza all’estero e comunicare chi si è trasferito a partire dal primo gennaio 2010

La legge precisa che i nominativi di tutti i pensionati e di tutti gli espatriati iscritti all’Aire dopo il  primo gennaio 2010 saranno inseriti in una lista per i controlli relativi alle attività e agli investimenti finanziari all’estero non dichiarati in Italia e che, per formare le liste selettive dei controlli si incroceranno i dati dei residenti all’estero e di coloro che hanno presentato istanza di collaborazione volontaria [1].

Occorre ricordare che tutti coloro che hanno presentato istanza di collaborazione volontaria sono già stati inseriti nella banca dati Cover proprio allo scopo di individuare le persone fisiche, residenti, che hanno dichiarato al fisco, nel regime agevolato, le attività finanziare estere da essi possedute.

Tuttavia l’incrocio dei dati delle liste suddette appare una contraddizione ed una forzatura, infatti i residenti all’estero non avevano la facoltà di aderire al regime di collaborazione volontaria, riservata solo alle persone fisiche residenti in Italia, quindi, a parte casi limite per meri motivi prudenziali o per effettiva volontà di disvelamento di una fittizia residenza all’estero, non vi sarà alcun dato da incrociare in quanto per i  cittadini italiani residenti all’estero, come individuati nelle liste selettive consegnate dai comuni all’AF,  sarebbe stato impossibile presentare l’istanza.

Pertanto tutte le persone fisiche espatriate: pensionati, giovani, ricercatori, imprenditori, cercatori di speranza, sono potenzialmente nel mirino dell’Agenzia delle Entrate, che cercherà di ricondurne la residenza, e dunque l’assoggettamento a tassazione, in Italia.

Quanti sono gli italiani all’estero

Gli ultimi dati dell’Aire[2], dicono che nel 2015 sono espatriate circa 107 mila persone fisiche, mentre nel 2014 erano state circa 100 mila.

Dal 2010, quando gli italiani residenti all’estero erano 2,3 milioni, oggi, nel 2016 siamo giunti a circa 4,5 milioni, raddoppiando in soli 5 anni la popolazione che ha deciso di trasferirsi stabilmente fuori dal Paese, per i motivi più diversi, ma sostanzialmente, per cercare di sopravvivere alla crisi ed alle problematiche socio-politiche interne.

 

Il trend è crescente e continuo, ma sembra che il Governo, invece di favorire il rientro dei connazionali, sebbene fosse stata emanata un norma temporanea di favore di cui alcuni avevano usufruito, cerchi di sottoporre a controlli severi tutti coloro che sono andati all’estero, anche giovani in cerca di lavoro o anziani, che cercano di trascorrere più agevolmente gli anni della pensione.

Chi rischia maggiormente

Certo che le modalità del controllo più che un segnale forte a chi pensasse di evadere redditi prodotti all’estero, sembrano un modo per salvaguardare le esigenze di cassa con i «nuovi» emigranti.

Dunque la caccia è aperta!

Le categorie più a rischio sono sicuramente i lavoratori autonomi all’estero ed i lavoratori specializzati (ricercatori), per i quali l’Af potrebbe cercare di ricondurre la effettiva residenza in Italia sulla base di criteri territoriali anche famigliari e personali.

Ma una categoria sicuramente a rischio è quella dei pensionati, che sono più di 500.000, con un trend in crescita addirittura del 40% nel 2014, e che hanno deciso di trasferire la residenza in quei Paesi dove possono spendere meno e vivere meglio, come in genere i Paesi più caldi (Portogallo, Marocco, Canarie, Paesi sud-americani e caraibici, ecc.).

 

Essi oggi usufruiscono della esenzione quasi totale dalla tassazione italiana e della percezione della pensione al lordo delle ritenute fiscali e previdenziali, in quanto le Convenzioni in essere con l’Italia consentono ai Paesi di emigrazione di tassare al posto nel nostro Paese, pertanto abbassando le aliquote sui redditi da pensione essi riescono ad attrarre quanti più residenti possibile.

Su di essi grava già la spada di Damocle dell’Inps il cui presidente, poco tempo fa, aveva già suggerito di intervenire con una norma che riducesse la parte non tassabile delle pensioni pagate ai cittadini italiani residenti all’estero.

Conclusione – Il test della resistenza delle residenze estere

Purtroppo ci sarebbe solo da sperare che all’estero decidessero di emigrare anche parecchi pensionati d’oro, considerato che questi ultimi difficilmente perderanno il proprio trattamento di favore, forse questo potrebbe contribuire a salvare anche la posizione dei pensionati normali.

Per quanto riguarda tutti gli altri soggetti emigrati all’estero post-crisi, il suggerimento è di affidarsi ad un professionista esperto in materia di fiscalità internazionale che possa valutare adeguatamente la resistenza della residenza all’estero attraverso gli strumenti istituzionali disponibili.

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