Racconta dell’allarme lanciato e rimasto inascoltato, racconta dell’orrore di rimanere bloccati dalla neve e racconta il dolore di sapere la figlia tra le macerie dell’albergo.
L’ultima volta che l’ha sentita risale a “ieri, alle quattro”. “Un solo un messaggio – spiega l’uomo – perché i telefoni non funzionavano”. “Loro, da ieri mattina, chiedevano di essere sbloccati, ma hanno risposto che c’erano altre priorità… – aggiunge – e hanno abbandonato a pulire su”. La figlia è la responsabile del centro benessere dell’hotel. Nella struttura, spiega il padre, “erano una ventina, venticinque, più otto-nove dipendenti”.
Alla domanda se la figlia era preoccupata l’ultima volta che l’aveva sentita, il padre risponde: “No, perché lassù è tranquillo, era una posizione in cui non si poteva pensare che una valanga potesse colpire l’albergo”. Avevano chiesto di essere liberati perché dopo il terremoto si sentivano prigionieri “perché lassù è stato forte e giustamente hanno chiesto aiuto, hanno chiesto di scendere. Ma c’erano tre metri di neve, come scendevano?”.